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Andrè Kertész Photographer

La fotografia è la mia sola lingua. Io non faccio semplicemente delle foto. Io mi esprimo attraverso le foto



Considerato da Cartier-Bresson il padre della fotografia, André Kertész ha segnato la fotografia del secolo scorso differenziandosi dai dagli altri fotografi per la sua poetica intima ed emotiva. Le sue immagini sono esempio e riferimento per i fotografi contemporanei.

André Kertész nasce a Budapest, in Ungheria, il 2 luglio 1894. Mostra interesse per la fotografia fin da ragazzo; nel 1912, dopo il diploma all’Accademia commerciale di Budapest, compra la sua prima macchina fotografica, una ICA-Bébé con lastre da 4,5×6 cm, una macchina versatile ma completa, in grado di offrire diverse soluzioni di scatto. A 21 anni si arruola nell’esercito austro-ungarico e parte per il fronte russo-polacco. Anche durante la guerra, la sua passione per la fotografia lo porta a realizzare una straordinaria testimonianza sulla vita in trincea e sulle infinite marce dei soldati. Tornato dalla guerra,  si stabilisce prima a Budapest e in seguito a Esztergom, continuando incessantemente la sua attività fotografica, basata principalmente sui ritratti dei suoi familiari. Il clima in Ungheria, però, non è dei migliori e Kertész decide di trasferirsi a Parigi, dove grazie all’amicizia con Brassaï, impara i fondamentali della fotografia e soprattutto della ripresa in notturna a lui molto cara. Nel 1927 organizza una mostra alla galleria Au sacre du printemps, attirando su di sé la curiosità degli addetti ai lavori. L’anno successivo, con una Leica, la prima macchina fotografica che si serve della pellicola cinematografica 35mm, inizia a lavorare per la rivista Vu assieme ad Henri Cartier-Bresson. Qualche anno più tardi la rivista Le Sourire gli offre uno spazio di cinque pagine da riempire liberamente. E’ per questa occasione che Kertész affitta uno specchio deformante e realizza un servizio fotografico che vede protagoniste due modelle. Inizia così la serie delle Distorsioni. Kertész si serve della fotografia come se fosse un suo diario visivo atto alla descrizione della vita, interpretando le proprie sensazioni e catturandole attraverso un obiettivo. Nel 1936, assieme alla moglie Elisabeth, si trasferisce a New York, dove per circa un anno lavora per l’agenzia Keystone; in seguito a questa esperienza prende la decisione di diventare un fotografo freelance. Nel 1977 la moglie Elisabeth muore e Kertész le dedica From my window, un libro di fotografie di nature morte realizzate dalla finestra di casa servendosi di una Polaroid e di un obiettivo zoom. Trascorre gli ultimi anni della sua vita rinchiuso nel suo appartamento, dove si spegne il 28 settembre del 1985. Attraverso i suoi scatti, Andrè Kertész estrapolò l’emotività e i momenti più semplici della vita quotidiana. Purtroppo in vita non ebbe mai un riconoscimento per la sua arte fotografica, anzi fu sempre malvisto dai critici di cui anelava il consenso. Di carattere introverso, guidato soprattutto  dall'intuito, la sua opera è difficilmente classificabile. Nonostante la strada sia stata il soggetto principale e più stimolante delle sue fotografie, non si interessò  alla cronaca o agli eventi mondani, ma alla possibilità di mostrare attraverso i grafismi delle grandi Metropoli la felicità silenziosa colta in un istante.
"Fotografo il quotidiano della vita, quello che poteva sembrar banale prima di avergli donato nuova vita, grazie ad uno sguardo nuovo. Amo scattare quel che merita di essere fotografato, il mondo quindi, anche nei suoi squarci di umile monotonia. Sono nato chiuso, ma un chiuso aperto alla strada, ed ho cercato la felicità nel silenzio di un istante...”.

















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