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Mario Giacomelli Photographer

Biografia














“Non vorrei ripetere le cose visibili, ma renderle visibili, interiorizzate, vorrei poter scivolare sotto la pelle delle cose, poter mostrare l’energia che passa tra l’anima mia e le cose che mi sono attorno”

                                                        Mario Giacomelli


Mario Giacomelli nasce a Senigallia nel 1925. Rimasto orfano del padre, a tredici anni inizia a lavorare come garzone in una tipografia, affascinato dalle infinite possibilità offerte dalla stampa di comporre parole e immagini. La scomparsa prematura del padre e l’impiego della madre presso la lavanderia dell'ospizio cittadino segnano profondamente le sue scelte tecniche e artistiche. Si avvicina al mondo della fotografia nel 1952 e due anni dopo compra la sua prima macchina fotografica. In questi anni aderisce al Gruppo Misa e al gruppo La Bussola, da cui però ben presto prende le distanze; condivide l'idea di fotografia come arte libera dalle esigenze della cronaca documentarista; frequenta Giuseppe Cavalli, il suo maestro. Di questo periodo sono i suoi primi riconoscimenti, con una serie dedicata all'ospizio. Negli anni ’60 dà vita ad un nuovo ciclo, mai però a foto singole, diceva, infatti, «Per me non è importante la foto singola ma sono importanti la serie, il racconto, quasi sempre mi capita di vedere le foto prima di farle». Temi cruciali dei suoi racconti sono la memoria e l’impietoso trascorrere del tempo, l'amore e la sofferenza, la morte e la vecchiaia,  la terra. Le serie dedicate all'ospizio di Senigallia, alla città di Scanno e al territorio abruzzese sono considerate alti esempi di forza poetica ed espressiva nella storia della fotografia. A Scanno, Giacomelli scatta le sue foto più note e di successo internazionale. Celebri anche le immagini dedicate a Lourdes, dallo straordinario impatto emotivo, la serie dei "Pretini", dove ritrae i preti del Seminario di Senigallia nei loro momenti di vita quotidiana,  La Buona Terra e i “Paesaggi”, una sorta di opera aperta che lo proietta definitivamente sulla scena internazionale. Quello del paesaggio è uno dei momenti più straordinari della sua produzione artistica, divenendo spazio del pensiero e  luogo di meditazione.Nel suo lungo viaggiare alla riscoperta della terra, egli riesce a dare il massimo della sua capacità di narrazione evocativa, donando allo spettatore un mondo pieno di vita ma minacciato sempre dalla costante presenza della morte, una morte “naturale”, la sua,  che viene raffigurata  in immagini di  vecchi alberi morti,  come gli anziani dell’ospizio di Senigallia dove per anni aveva lavorato la madre. Le fotografie di Giacomelli rappresentano uno specchio su quelle che sono alcune realtà  interiori, umane e sociali, apparendo  come momenti surreali  che  traggono dalla realtà solo l’estetica narrativa, ma che nella realizzazione, nello stile, nella tecnica e nella presentazione al pubblico sono squarci dell’anima dello stesso fotografo.Mario Giacomelli non ha realizzato semplici immagini, ma racconti, storie di vita reale, interpretata dentro a ben precisi schemi psicologici, quali la poesia, l’amore, la paura, i ricordi della sua infanzia, la meditazione e la quiete, una quiete che in certi momenti si trasformava in  angoscia. Una fotografia poetica, la sua, un lavoro dove il mezzo e la realtà ripresa agiscono allo scopo di esprimere qualcosa che è dentro e oltre l'immagine e il mondo da cui questa è stata attinta. Una fotografia che richiede  un estremo rigore linguistico, che in Giacomelli si traduce in un’estetica che predilige il non accontentarsi di ciò che si crede di vedere e in un’interpretazione  consapevole. Ciò si concretizza in bianchi e neri saturi e fortemente contrastati, che compongono nell'immagine forti macchie opposte e ravvicinate. Diventa impossibile, pertanto, avvertire un senso del reale guardando, ad esempio, i suoi paesaggi dall'alto, o le figure che si presuppone siano persone, ma che però nelle sue fotografie appaiono sagome illusorie, per non dimenticare poi i volti nitidi e ricombinati dalla composizione visiva. Mario Giacomelli parte dalla realtà per scavarla e trovare qualcosa che non è possibile toccare, pur apparendo improvvisamente agli occhi. La frantumazione visiva che ne deriva si può cogliere nelle macchie luminose e nel contrasto violento fra luce e ombra.





















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