“Non
mi preoccupo di ciò che la gente pensa: so abbastanza bene chi sono. Ma mi
rifiuto di diventare schiavo delle loro idee. Quando resti in uno stesso posto
per un certo tempo, la gente ti colloca in una casella e si aspetta da te che
tu ci resti”.
Josef
Koudelka... uno dei più grandi fotografi della storia.
Nasce nel 1938 a Moravia, Cecoslovacchia.
Quella per la fotografia è una vera e propria vocazione, tant’è che già da
bambino comincia a fotografare tutto quello che vede.... “A farmi amare la fotografia fu un fornaio, amico
di mio padre, che portava il pane nel nostro paese di quattrocento abitanti. I
soldi per la prima macchina, una 6X6 reflex di bachelite, li trovai
raccogliendo fragole nei campi e vendendole in un villaggio vicino”.... Sceglie comunque di studiare ingegneria
aeronautica, ma senza abbandonare mai la sua passione. Nel 1967 abbandona il lavoro di
ingegnere per dedicarsi completamente alla fotografia. Inizialmente i suoi
soggetti sono attori teatrali e zingari rumeni. Nel 1968 realizza il servizio
che lo rende famoso in tutto il mondo: la Cecoslovacchia vive la sua Primavera, Dubcek si stacca dalla Russia....“È stato il momento massimo della mia vita.
In dieci giorni è successo tutto quello che nella mia vita poteva succedere. Io
stesso ero al massimo in una situazione che era al massimo. Forse è per questo
che ho coperto questa situazione meglio dei reporter che erano arrivati da ogni
parte del mondo e che lo facevano per mestiere. Io non ero un
foto-giornalista”...
Una notte Koudelka viene svegliato da una telefonata
che lo avvisa dell’invasione russa. Senza pensarci due volte si precipita in
strada a documentare quanto sta accadendo. Ma nel suo Paese vige ancora una
censura feroce. Tramite canali non ufficiali riesce a far arrivare le sue foto
a Elliott Erwitt, che le fa pubblicare immediatamente, ma senza la sua firma, per
paura di ripercussioni sulla famiglia. Nel 1970 riesce a fuggire a Londra
dove chiede asilo politico. Negli anni seguenti, grazie al lavoro presso
l’agenzia Magnum Photos, compie continui
viaggi in giro per l’Europa, firmando servizi e mostre che gli varranno
numerosi premi.
Josef Koudelka è un personaggio anarchico, uno spirito libero,
ma con una sua coerenza e una sua filosofia. Non ha mai accettato lavori su
commissione da parte di giornali, ma al massimo incarichi governativi. È stato
uno sperimentatore come pochi, adottando per esempio un formato panoramico o
fotografando paesaggi in verticale. Una personalità poliedrica la sua, da cui si
possono trarre alcuni fondamentali insegnamenti, analizzando parole e fotografie...“Può
succedere che io raggiunga il massimo la prima volta, per caso, e che io
ritorni nello stesso posto dieci volte di seguito, per dieci anni, senza
riuscire a far meglio. O che cercando un certo massimo ne trovi un altro, a cui
non avevo pensato. Quello che importa è la ricerca, la motivazione a spingersi
oltre. Ma non posso proporre questo modo di lavorare a un giornale, non posso
farmi mandare dieci volte a Lourdes per tornare con una foto che non ha niente
a che fare con Lourdes”.
La sua
grande capacità è quella di raccontare l’uomo attraverso una sua visione molto personale e innovativa.
Visione maturata con la convinzione che il suo raccontare non deve
necessariamente assecondare il
gusto della gente...“Non so cosa
sia importante per le persone che guardano le mie foto. Quello che è importante
per me, è il fatto di farle. Ma io non
lavoro per provare il mio talento. Io fotografo quasi tutti i giorni,
tranne quando fa troppo freddo per viaggiare a modo mio. Qualche volta faccio
delle buone cose, altre volte no, ma penso che col tempo qualcosa verrà fuori
dal mio lavoro: non ho angosce in questo senso. Faccio anche molte foto sulla
mia vita, come quelle all’inizio del tascabile: i piedi, l’orologio”.
“Quando sono stanco mi corico e se
ho voglia di fotografare e non c’è nessuno attorno a me, fotografo il mio
piede. Non sono grandi foto: certi le detestano. Ma ho sempre fotografato i
luoghi in cui ho dormito, gli interni in cui mi sono trovato. È una regola che
mi sono data, per non dimenticare queste cose. Questo irrita molte persone che
pensano a me come al fotografo degli Zingari e non vogliono vedermi
diversamente. Ma non mi preoccupo di ciò che la gente pensa. Io non cerco di cambiare la gente, e
neanche il mondo”.
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